Associazione Mogli Medici Italiani
sezione di PARMA
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Stazione Sperimentale delle Conserve di Parma![]() La Stazione Sperimentale delle Conserve nasce per iniziativa di una intera città attraverso l’azione concertata della Camera di Commercio, Comune, Provincia, Consorzio Industriali, Cassa di Risparmio, Banca dell’Associazione Agraria, fortemente voluta dagli industriali parmensi e grazie all’appoggio dell’on. Giuseppe Micheli. Il 2 luglio 1922 il Decreto Reale n. 1396 istituisce quindi a Parma una Regia Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari, istituto superiore dotato di personalità giuridica propria e di autonomia amministrativa sotto la vigilanza e la tutela del Ministero dell’Industria, creata allo scopo di promuovere il progresso tecnico non solo del territorio parmense ma di tutta l’industria conserviera italiana e di curare la preparazione e il perfezionamento del personale tecnico addetto all’industria stessa. Si esce quindi dai confini di un’esigenza prettamente locale per abbracciare le necessità di tutto l’agroalimentare italiano. La Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari ha lo scopo di promuovere il progresso, scientifico, tecnico e tecnologico dell’industria conserviera italiana per i settori frutta, ortaggi, carni e pesce attraverso attività di ricerca applicata, consulenza, formazione e divulgazione. Fondata come Ente Pubblico nel 1922, convertita in Ente Pubblico Economico nel 1999, dal 2010 è Azienda Speciale della Camera di Commercio di Parma, con una sede distaccata ad Angri (Salerno), attiva dal 1987. Parma fin da tempi remoti è una città legata all’agroalimentare, ma la sua evoluzione è così particolare rispetto alle altre realtà nazionali che si parlerà sempre di una “tipicità del caso parmense”. Nella seconda metà dell’800 a Parma vi sono due istituzioni di grande importanza: i Comizi Agrari e la Cattedra Ambulante d’Agricoltura, a sostegno dell’agricoltura e della diffusione di tecniche e innovazioni in campo agricolo. Questi organismi sono guidati da personaggi di alto spessore come Carlo Rognoni e Antonio Bizzozero, che però hanno idee completamente diverse sullo sfruttamento della terra e sul conseguente sviluppo dell’economia rurale. Bizzozero è un propugnatore della coltivazione della barbabietola, sia per la sua capacità di rinnovamento della fertilità del terreno che favorisce la coltura intensiva del grano, sia per la possibilità di utilizzazione delle polpe nell’alimentazione bovina. Rognoni, invece, è un grande sostenitore della coltivazione del pomodoro in pieno campo, al fine di produrre la materia prima per la trasformazione industriale in concentrato e in salsa. Il pomodoro è introdotto nel Parmense nella prima metà dell’Ottocento come coltivazione ortiva, localizzata nelle zone del piano colle (Langhirano, Felino, Sala Baganza) e legata a una industria di trasformazione artigianale gestita dagli stessi coltivatori che producono, con tecnologie elementari e limitatissimi investimenti di capitale, i cosiddetti pani di conserva nera commercializzati a livello strettamente locale. Questa conserva di pomodoro trova il suo utilizzo principale come sostitutivo del lardo nella minestra, da quando il maiale nero parmigiano è stato sostituito dal Large White inglese dal quale si ottiene un prosciutto migliore ma un cattivo lardo. A Parma, quindi, provincia tradizionalmente legata alla coltivazione del pomodoro, all’allevamento suino, alla produzione di pasta e al settore caseario, le produzioni di salumi, formaggio, pomodoro, sono la base sulla quale si costruisce l’industria agro-alimentare parmigiana del ventesimo secolo, che, a sua volta, porterà allo sviluppo dell’industria meccanica alimentare, creando quel magico triangolo, definito “il fenomeno parmigiano dell’industria agroalimentare”, tale da rendere Parma la “Capitale del Cibo” a livello europeo. L’Ing. Emanuele rimarrà Direttore della Stazione per trent’anni, anni in cui, nonostante le numerose traversie determinate al complesso periodo storico che ne ha accompagnato il cammino dalle origini fino alla soglia degli anni ’50, l’istituto, seppur in maniera disorganizzata e lacunosa, è comunque riuscito a gettare il seme di una ricerca scientifica destinata a crescere esponenzialmente negli anni a seguire nel quadro ben più rigoroso e strutturato. Il successivo ventennio, perciò, ricco di cambiamenti sociali e sostanzialmente fiducioso per prospettive economiche e politiche, assiste alla costruzione di una potente macchina organizzativa che si andrà modulando nel corso degli anni arricchendo l’Istituto di quel patrimonio di quel patrimonio di risorse tematiche, umane e strumentali che gli permetteranno di espletare quasi totalmente le funzioni statutarie previste al momento della sua istituzione. Il 9 novembre 1952 si insedia alla Stazione Sperimentale il nuovo direttore e presidente ,Prof. Rolando Cultrera, che inaugura un periodo di ricostruzione e rilancio della Stazione Sperimentale legando indissolubilmente la propria storia personale e professionale a quella dell’istituto. In questi anni le ricerche e le analisi alla SSICA vengono distribuite fra un Reparto Scientifico e un Reparto Industriale costituiti ciascuno da vari laboratori. E i beneficiari della ricerca della Stazione saranno di due tipi: le grandi imprese, modernamente attrezzate, con tecnici di valore e laboratori sperimentali di primo piano, cui SSICA potrà offrire un aiuto forse limitato ma ugualmente importante se si considera che i frutti di nuovi eventuali risultati sperimentali sarà per loro di più facile acquisizione e impiego; e un numero molto più alto d’imprese, costituito dalla piccola e media industria che, invece, potrà e dovrà essere guidato, in modo decisamente più concreto, per raggiungere un livello qualitativo più alto nella produzione, uscendo definitivamente dall’empirismo. Gli studi e le analisi della SSICA escono leggermente dalla filiera propriamente detta per riguardare anche l’ambiente, settore strettamente legato alla produzione di alimenti che, sviluppatosi negli anni Settanta del Novecento come “Reparto effluenti industriali” affronta oggi problematiche molto attuali come il recupero dei prodotti di scarto delle industrie ai fini di un risparmio energetico e per la produzione di energia, nuove frontiere che aprono prospettive molto interessanti per le aziende del settore agroalimentare. Insomma, nel suo costante e necessario sviluppo, l’antica missione della SSICA, definita in tempi ormai lontani, ha mantenuto intatto il suo significato e il suo valore: quello di affiancare l’industria agroalimentare italiana in una competizione ormai mondiale, in una storia che prosegue ormai da novant’anni, sempre “alla ricerca del futuro”. Aggiunto alle 04:11 PM da Breve storia di questa Istituzione
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